Post più popolari

lunedì 24 aprile 2017

Infortunistica stradale. L'investimento del pedone che non attraversa sulle strisce.

Dai comportamenti di alcuni pedoni che attraversano la strada fuori delle strisce, magari poste a meno di 100 metri, spesso di corsa e parlando al cellulare, sembrerebbe che l’art. 190 del Codice della Strada sia poco o nulla conosciuto.
Vale la pena quindi di ricordare che il legislatore dispone con questa norma “i pedoni, per attraversare la carreggiata, devono servirsi degli attraversamenti pedonali, dei sottopassaggi e dei sovrapassaggi. Quando questi non esistono, o distano più di cento metri dal punto di attraversamento, i pedoni possono attraversare la carreggiata solo in senso perpendicolare, con l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri. Laddove manchino del tutto gli attraversamenti pedonali, il pedone è tenuto a dare la precedenza ai conducenti, a meno che egli non abbia già impegnato la carreggiata, caso in cui l’automobilista deve consentirgli di raggiungere il lato opposto in condizioni di sicurezza”.




E non va dimenticato il principio generale dell’art. 140 C.d.S., secondo cui gli utenti della strada, anche i pedoni, devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione e in modo che in ogni caso sia salvaguardata la sicurezza stradale. Pertanto, anche il pedone è tenuto a rispettare le regole di prudenza unitamente ai conducenti di moto e autoveicoli e se viene investito la sua condotta assume rilievo nella valutazione di una sua eventuale corresponsabilità.
Di recente la Cassazione, IV sezione penale, sentenza n. 8112/ 2017 pubblicata lo scorso 20 febbraio, ha definito un caso in cui un anziana era stata investita, ed era deceduta a seguite delle lesioni riportate, dopo che aveva iniziato l’attraversamento della sede stradale alla distanza di circa 45 metri da un impianto semaforico manuale con strisce pedonali sbucando da un aiuola spartitraffico.
I giudici di piazza Cavour hanno confermato il giudizio della Corte di Appello di Roma che aveva ravvisato un concorso di colpa della vittima pari al 25%, poiché aveva intrapreso l’attraversamento della sede stradale in un punto non consentito, reputando comunque superiore la percentuale di colpa dell’automobilista, per l’eccessiva velocità tenuta in centro urbano, in fase di sorpasso e in prossimità di un incrocio, tale da non avergli consentito una eventuale manovra di emergenza.
E ciò perché una manovra del conducente, con una condotta di guida rispettosa dei limiti di velocità in loco di 50 km/h, avrebbe permesso di evitare l’investimento o limitarne i danni.

Quanto al concorso di responsabilità va ricordato l’art. 1227, primo comma del codice civile per cui “ Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate” applicabile anche a questa fattispecie di rilievo penale.
L’accertamento del comportamento colposo del pedone non è di per sé sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054 c.c., comma 1, dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (Cass. n. 5399 del 2013).

Respingendo il ricorso dell’automobilista condannato per omicidio colposo, la Corte, esaminando le risultanze del verbale della P.G., le consulenze tecniche svolte su incarico del P.M, le dichiarazioni rese nel dibattimento dall’imputato, dagli operanti e da un teste che seguiva l’autovettura investitrice, rilevava che la valutazione del giudice di merito che aveva ascritto al pedone una corresponsabilità nella misura del 25% costituiva un apprezzamento in fatto non censurabile in sede di legittimità in quanto la sentenza impugnata aveva formulato una valutazione percentuale del comportamento colposo dei due soggetti ritenuti corresponsabili adeguatamente motivato.
La Corte d’Appello aveva considerato un concorso di colpa della vittima pari al 25% in quanto aveva attraversato in un punto non consentito distante circa 45 metri dal semaforo e dalle strisce pedonali pur ritenendo predominante la colpa dell’automobilista che sopraggiungeva in fase di sorpasso in prossimità di un incrocio e a velocità di 68 km/h.
Conclusivamente va detto che solo se il comportamento del pedone abbia assunto una efficienza causale esclusiva nel provocare il danno stesso per la sua repentinità, mettendo il conducente, per le concrete modalità dei fatti, nella impossibilità di evitare l’incidente quest’ultimo andrà esente da responsabilità (Cass. 14064/2010).

studiolegaledevaleri@gmail.com

Nessun commento: