Post più popolari

martedì 25 dicembre 2012

Alleluja ! E' nato il Bambino Gesù. Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del Signore. Annum Faustum 2013 !


dal Commento sui salmi di S.Agostino, vescovo.

"Si doveva dunque preannunciare con profezie che l'unico Figlio di Dio sarebbe venuto fra gli uomini, avrebbe assunto la natura umana e sarebbe così diventato uomo e sarebbe morto, risorto,asceso al cielo, si sarebbe assiso alla destra del Padre;
egli avrebbe dato compimento tra i popoli alle promesse e, dopo questo, avrebbe compiuto la promessa di tornare a riscuotere i frutti di ciò che aveva dispensato, a distinguere i vasi dell'ira dai vasi di misericordia, rendendo agli empi ciò che aveva minacciato, ai giusti ciò che aveva promesso.
Tutto ciò doveva essere preannunciato, perchè altrimenti egli avrebbe destato spavento.
E così fu atteso con speranza perchè già contemplato nella fede."



Natività di Gesù. Giotto, XIV sec. cappella degli Scrovegni, Padova. 

Auguri di un Santo Natale di pace e serenità.


Ubi leonis pellis deficit, vulpina induenda est. 

Quando manca la pelle del leone, bisogna indossare quella della volpe (Fedro).

I migliori auspici per l'anno nuovo ai lettori del blog dello Studio Legale De Valeri.



mercoledì 28 novembre 2012

Salute e sicurezza sul lavoro. Appalto e subappalto, la responsabilità dei soggetti coinvolti.


Si è svolta a Roma il 27 novembre la giornata di aggiornamento per i professionisti della sicurezza sul lavoro organizzata da FIRAS-SPP la federazione italiana dei responsabili e addetti alla sicurezza ed EBAFoS l’ente bilaterale dell’artigianato per la formazione e la sicurezza.
Di seguito propongo ai lettori un sunto della relazione “Appalto e subappalto, la responsabilità dei soggetti coinvolti e del R.S.P.P., fattispecie giudiziarie” che ho svolto nel corso del workshop ideato dallo Studio con gli interventi dell' Avv. Massimiliano D. Parla ed il magistrato cons. Tonino Di Bona.
Il prossimo evento in programma è la “Giornata della sicurezza FIRAS-SPP” che si terrà a Roma il 6 dicembre 2012 con partecipazione gratuita previa registrazione, informazioni sui siti www.firas-spp.com/website e www.ebafos.com




I contratti di appalto, regolati dagli artt. 1655 e ss. del codice civile, per quanto concerne la tutela della salute e sicurezza sul lavoro sono previsti dall’art. 26 del D. Lgs. 81/08  come modificato dal D. Lgs. 106/09, che indica le procedure e gli adempimenti in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture alle imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi a carico del datore di lavoro.
Il datore di lavoro-committente dell’art. 26 è il soggetto appaltante che sottoscrive il contratto di appalto, di subappalto o di somministrazione.
La norma in questione interviene a regolare quelle situazioni in cui il prestatore di lavoro svolge la sua attività in un contesto diverso da quello del suo datore di lavoro-appaltatore o subappaltatore e nel caso dei lavoratori autonomi in una organizzazione di cui non conoscono i rischi strutturali e logistici (Cass. pen. IV, 18998/2009).
Gli elementi qualificanti l’applicazione dell’art. 26 sono l’affidamento di lavori, servizi o forniture all’interno dell’azienda del datore o di una singola unità produttiva o nell’ambito del ciclo produttivo e la disponibilità dei luoghi dove dovrà svolgersi l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo.

Ciò premesso propongo alcune riflessioni in tema di “rischi da interferenze” la cui gestione è una delle principali problematiche e fonte di responsabilità in sede di appalti.
Il concetto di interferenza tra chi appalta il contratto e l’impresa o il lavoratore autonomo che dovrà poi eseguire l’opera, il servizio o la fornitura e l’eventuale subappaltatrice merita alcune precisazioni.
Come noto con la Circolare ministeriale n. 5 del 2011 firmata dall’allora ministro del Lavoro Sacconi in materia di appalti e subappalti venne dato un particolare rilievo alla gestione delle interferenze mettendo l’accento sulla necessità di cooperazione e coordinamento tra committenti e appaltatori per raggiungere la predisposizione della sicurezza globale delle opere e dei servizi da realizzare.

L’attività di cooperazione per l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro e il coordinamento degli interventi per eliminare i rischi derivanti dalle interferenze tra le imprese coinvolte, si realizza attraverso l’elaborazione obbligatoria del documento unico di valutazione dei rischi interferenziali previsto dal comma 3 dell’art. 26, che deve comprendere le informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui si eseguirà l’opera con l’indicazione delle misure di prevenzione adottate dal datore di lavoro committente nella sua azienda alla luce delle concrete lavorazioni svolte.
Il D.U.V.R.I è un documento che non deve limitarsi a descrivere le possibili interferenze nel momento iniziale dei lavori ma deve essere aggiornato in relazione ad ogni variazione delle condizioni originarie, ad esempio qualora nel luogo di lavoro dove si svolge l’appalto intervengano altre imprese o lavoratori autonomi per cui possano concretizzarsi altri rischi di interferenza.
Nel caso in cui l’attività di coordinamento e cooperazione riveli l’assenza di rischi da interferenze è comunque sempre consigliabile redigere il D.U.V.R.I se del caso indicando che non vi sono tali rischi.

Il rischio da interferenza ai fini della valutazione di responsabilità penalmente rilevanti non deve essere limitato alle fattispecie in cui si configurano contatti rischiosi tra le due imprese che concludono l’appalto ma deve riferirsi anche all’attività di prevenzione richiesta ad entrambe al fine di eliminare il rischio.
Per cui anche se l’impresa appaltatrice esegua la sua obbligazione in maniera autonoma nel luogo di lavoro del committente il suo personale dovrà da questi essere informato dei rischi che potrà incontrare con riferimento alla specifica attività che dovrà eseguire.

La Cassazione penale ha elaborato in materia di interferenze il principio per cui se i lavori si svolgono nello stesso cantiere predisposto dal committente-appaltante e in esso quindi si inserisce l’attività dell’appaltatore che deve eseguire l’opera permanendo l’ingerenza dell’appaltante con l’organizzazione del comune cantiere si riterrà sussistente la responsabilità di entrambi per gli obblighi infortunistici.

L’appaltante è dotato di poteri direttivi ed organizzativi del cantiere dove verrà eseguita l’opera appaltata e pertanto con la predisposizione di questo assume la responsabilità di far rispettare le prescrizioni di legge quanto a sicurezza e sorveglianza sia prima che in corso di esecuzione.
Dobbiamo però chiederci quando può escludersi la responsabilità dell’appaltante.

La IV sezione della Cassazione, sentenza n. 6857/2012 dello scorso febbraio, ha ritenuto che può escludersi la responsabilità dell’appaltante quando i lavori sono determinati e circoscritti nell’affidamento all’appaltatore che sia chiamato a svolgerli in totale autonomia organizzativa rispetto al committente.
Ciò vuol dire in pratica che solo se alcuna organizzazione del cantiere sia stata  concretamente effettuata dall’appaltante potrà escludersi la sua responsabilità.
Va detto che configurandosi il rischio di interferenza nei lavori o servizi appaltati applicandosi norme di natura pubblicistica come quelle antinfortunistiche non potrà intervenire alcuna valida pattuizione tra le parti appaltante e appaltatrice che escluda comunque la responsabilità del committente per cui clausole di trasferimento del rischio o della responsabilità ad esclusivo carico dell’appaltatore inserite nel contratto di appalto saranno radicalmente nulle.  



Passando al diritto vivente mi soffermo su tre casi tratti dalla recentissima giurisprudenza che si riferiscono a procedimenti decisi dalla IV sezione penale della Cassazione con sentenze pubblicate a settembre di quest’anno.
     
1) Cass. penale, sez. IV, 19 settembre 2012 n. 35909,
rif. normativi: art. 1655 c.c., art. 590 c.p. lesioni personali colpose, D. Lgs. 626/94 art. 7 co. 2 e 3, D. Lgs. 81/2008 art. 26, appalto e rischi da interferenze.

Il primo caso riguarda l’ infortunio di una lavoratrice di una s.r.l. che aveva riportato l’amputazione parziale di tre dita della mano sinistra, per tale evento erano stati condannati dal Tribunale di Como e dalla Corte di Appello di Milano il presidente del C.D.A di una S.p.a. e i suoi consiglieri delegati per l’amministrazione ordinaria e straordinaria.
La S.p.A. aveva commissionato lavori di pulizia delle condotte di un asciugatoio di sua proprietà ad una ditta che aveva impiegato anche la dipendente vittima dell’ infortunio.
Agli imputati era stato contestato di non aver cooperato all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull’attività oggetto dell’appalto e non aver coordinato gli interventi di protezione dai rischi cui erano esposti i lavoratori impegnati in gruppi misti di dipendenti dell’impresa appaltante e di quella appaltatrice, di non aver promosso la cooperazione all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione contro i rischi sul lavoro.
Gli imputati ricorrenti in Cassazione erano stati condannati per cooperazione colposa nella determinazione delle lesioni alla lavoratrice in relazione alla loro posizione di garanzia derivante dalle rispettive qualità di presidente del C.D.A. della società committente e consiglieri delegati, titolari di poteri decisionali effettivi, provvisti di poteri e facoltà di spesa in materia di sicurezza.
La IV sezione penale della Cassazione ha respinto i ricorsi confermando le condanne della Corte di Appello di Milano.
I giudici dei due gradi di merito avevano accertato la partecipazione di personale di entrambe le società nei lavori di pulizia oggetto dell’appalto e il ruolo di responsabilità apicale dei tre imputati sia nei confronti dei propri dipendenti che nei riguardi delle maestranze della ditta appaltatrice.

Si configurava nell’esecuzione dell’appalto lo svolgimento di una attività unitaria da cui derivavano obbligazioni di garanzia per entrambi gli imprenditori non escluse a priori dall’esistenza di un contratto di appalto.
L’obbligazione di coordinamento a carico del datore di lavoro-committente, già prevista nell’ art. 7 co. 2 del D. Lgs. 626/94, è stata trasfusa nell’ art. 26 del T.U. che stabilisce gli obblighi connessi ai contratti di appalto tra cui, al comma 3, l’ elaborazione obbligatoria del D.U.V.R.I di cui si è detto.
Il giudice di legittimità ha ricordato il principio più volte applicato, ex multis Cass. pen. Sez. IV 30.9.2008 n. 42131, per cui i lavori possono essere appaltati ma non può essere appaltata anche la responsabilità penale e ciò si addice al caso deciso dai giudici viste le specifiche condotte contestate agli imputati investiti di ruolo apicale.
Le condotte e le omissioni dei ricorrenti costituivano violazione delle obbligazioni di garanzia per la tutela della salute dei lavoratori, obblighi che non possono essere delegati come sancito dall’art. 5 del D. Lgs. 494/1996 sulla sicurezza nei cantieri temporanei o mobili e successivamente dal Testo Unico.

2) Cass. Pen. sez. IV, 27 settembre 2012 n. 37334, rif. normativi:  art. 590 c.p., artt. 8 – 10 del D.P.R. 547/1955, art. 9 D. Lgs. 626/1994. Appalto e responsabilità di un R.S.P.P.

Il secondo caso riguarda l’accertamento della responsabilità di un R.S.P.P. in occasione di un infortunio occorso ad un dipendente di una ditta subappaltatrice che precipitava da un altezza di circa dieci metri cadendo in una buca riportando lesioni personali gravi (art. 583 n. 1 c.p.) da cui derivava un’invalidità permanente.
Venivano condannati in primo grado in quanto riconosciuti colpevoli del reato di lesioni personali colpose con violazione delle norme antinfortunistiche il capocantiere ed il R.S.P.P. della società committente dei lavori nonchè il capocantiere della società appaltatrice.
I tre imputati ricorrevano in appello e la Corte competente dichiarava n.d.p. nei loro confronti per i reati ascritti per essere gli stessi estinti per intervenuta prescrizione confermando però le statuizioni civili per cui costoro ricorrevano alla Corte di Cassazione.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello consideravano come accertamento decisivo ai fini della responsabilità l’adeguatezza o meno del sistema di copertura delle buche.

A tale riguardo l’art. 8 del D.P.R. 547 del 1955 statuisce l’obbligo del datore o dei suoi preposti, qualora sul luogo di lavoro vi siano zone di pericolo e rischi di cadute per i lavoratori, di posizionare dispositivi che impediscano l’accesso ai non autorizzati e di prendere idonee precauzioni per proteggere l’incolumità dei lavoratori autorizzati, in ogni caso apponendo in tali zone segnalazioni ben visibili.
Il successivo art. 10 prevede che le aperture esistenti sul suolo o nei pavimenti dei luoghi di lavoro o di passaggio devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali atti ad impedire la caduta e, quando tali misure non siano attuabili, le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo.

Nel caso in questione veniva accertato che non vi era alcuna segnalazione della buca che era solo stata ricoperta in maniera a dir poco negligente con lamiere metalliche seppure di notevole peso.
Nella sentenza in commento i giudici della IV sezione hanno evidenziato che la mancanza di adeguata informazione al lavoratore sul pericolo esistente nel luogo di lavoro con la carenza di segnalazione visibile della buca configuravano una causa efficiente dell’infortunio, l’operaio certamente avrebbe evitato di spostare le lamiere o lo avrebbe fatto con cautela se avesse saputo dell’esistenza della buca.

Per quanto concerne la posizione del R.S.P.P. della società committente, egli aveva effettivamente rilevato la presenza della buca sul luogo di lavoro ove doveva svolgersi l’appalto ed il subappalto e, secondo i compiti prescritti dall’ art. 9 del D. Lgs. 626/94,  chiesto integrazioni al Piano Particolareggiato di Sicurezza redatto dalla società appaltatrice con l’adozione di dispositivi opportuni ad evitare il pericolo di caduta ma, dopo la copertura con le lamiere metalliche, se ne era disinteressato omettendo di verificare l’idoneità del rimedio ad evitare infortuni.
L’accorgimento in questione si era infatti rivelato insufficiente stante l’effettivo verificarsi della caduta del lavoratore che aveva riportato gravi lesioni.
La mancanza dell’apposizione di ogni segnalazione secondo i giudici costituiva un altro elemento a carico del preposto al servizio di prevenzione e sicurezza che avrebbe dovuto attivarsi a riguardo.
La Corte di Cassazione ha quindi confermato quanto al R.S.P.P. la sentenza appellata.

3) Cassazione penale, sez. IV, 20 settembre 2012 n. 36284.
Rif. normativi: art. 590 codice penale, art. 7 D.Lgs. 626/1994 trasfuso nell’art. 26 Testo Unico, art. 3 D.Lgs. 494/1996. Responsabilità concorrente di un committente e di un appaltatore.

Il terzo e ultimo caso pratico è relativo ad un incidente occorso ad un operaio caduto dal tetto di un capannone industriale di proprietà della società committente riportando gravi ferite e ciò era stato causato dal cedimento improvviso della struttura e dalla mancanza di strumenti di protezione come cinture di sicurezza, ponteggi o impalcature.
Sia il giudice di primo grado che la Corte di Appello avevano ritenuto responsabili del reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche l’amministratore unico della s.r.l. appaltante e il datore di lavoro dell’operaio dichiarandone la responsabilità concorrente.

Per quanto concerne la posizione del committente, al rappresentante legale della s.r.l., era stata contestata la violazione dell’art. 3 del D.Lgs. 494/1996 che al comma 8 prevede l’obbligo di verificare l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o del lavoratore autonomo in relazione ai specifici lavori oggetto dell’appalto e di verificare i rischi per la sicurezza quando i lavoratori siano esposti al pericolo di cadere da altezze superiori ai due metri.
Nel caso in questione il committente aveva acquistato l’immobile ad un’asta giudiziaria e pertanto ne conosceva le caratteristiche strutturali e la fatiscenza prima di affidare i lavori, durante l’esecuzione dei lavori aveva frequentato il cantiere richiedendo la rimozione di lastre in eternit, quindi non poteva non aver visionato il ponteggio privo di ripari e nonostante l’evidente precarietà del tetto del capannone non ne aveva accertato la resistenza della copertura al fine di scongiurare la caduta di chi avrebbe effettuato i lavori di sostituzione delle grondaie.
Sussisteva una posizione di garanzia a carico del committente proprietario della struttura con il conseguente obbligo di provvedere alla tutela dell’integrità fisica dell’operaio la cui prestazione era stata utilizzata dall’imprenditore per l’esecuzione del contratto di appalto.
A carico del committente sono stati contestati due profili di colpa : aver omesso di verificare l’idoneità professionale dell’impresa appaltatrice e quello comune all’altro imputato ovvero di aver omesso di verificare il rischio di caduta del lavoratore.

Per la posizione dell’appaltatore vige ugualmente il rispetto delle disposizioni di legge antinfortunistiche che rientrano nel diritto pubblico e quindi non possono essere derogate da atti privati regolanti i rapporti con il committente.
Non è quindi sostenibile la tesi della difesa a sostegno dell’esenzione da responsabilità dell’appaltatore in quanto non compartecipe agli ordini impartiti dal committente al lavoratore infortunato.
Il principio generale applicato dai giudici è che, verificandosi un infortunio, la responsabilità dell’appaltatore non esclude la concorrente responsabilità anche del committente che deve reputarsi corresponsabile qualora l’evento dannoso si colleghi alla sua colposa omissione e questo può configurarsi se abbia consentito l’inizio dei lavori in presenza di situazioni oggettivamente fonte di pericolo per il lavoratore.
Il dovere di sicurezza è riferibile oltre che al datore di lavoro appaltatore anche al committente e questi sarà chiamato a rispondere dell’infortunio qualora sia facilmente percepibile la mancanza sul cantiere delle misure di prevenzione.
Secondo la giurisprudenza non sarebbe sufficiente ad esimerlo da responsabilità l’aver impartito direttive per ovviare a tale situazione potenzialmente pericolosa essendo necessario che ne abbia controllato l’osservanza puntuale (Cass. pen. IV n. 42131/2008).

Va tuttavia precisato che il dovere di sicurezza non può comportare per il committente un controllo continuo sull’organizzazione e l’andamento dei lavori ma il giudicante dovrà considerare la situazione concreta per valutare l’incidenza della condotta del committente nel verificarsi dell’infortunio.
In particolare la valutazione terrà conto della specificità dei lavori, i criteri seguiti dal committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera quanto a capacità tecnico-professionali in rapporto all’attività da svolgere, la concreta ingerenza del committente nei lavori e la presenza di situazioni di pericolo facilmente rilevabili.
Nel caso di specie era stata accertata a carico del committente una evidente culpa in eligendo derivante dall’incapacità tecnica ed organizzativa dell’appaltatore risultante dall’assenza di qualsivoglia dispositivo di protezione sul cantiere il che non poteva non essere stato “notato” dal committente. 


Lo Studio Legale De Valeri con il suo staff è a disposizione per assistenza e consulenza in materia di sicurezza sul lavoro e le problematiche concernenti gli appalti ai recapiti indicati nel blog e alla mail studiolegaledevaleri@gmail.com




domenica 18 novembre 2012

Salute e sicurezza sul lavoro. Giornata di studio e formazione Roma 27 novembre 2012. Studio Legale De Valeri in collaborazione con EBAFoS e FIRAS - SPP.


La tutela della salute e sicurezza sul lavoro, un tema di grande interesse ed attualità.

Il prossimo 27 novembre segnalo un appuntamento da non perdere per i professionisti della sicurezza sul lavoro e gli imprenditori che desiderano aggiornarsi sugli sviluppi della giurisprudenza sui temi del Testo Unico Salute e sicurezza sul lavoro, D.Lgs. 81/2008 e la normativa antinfortunistica in vigore.

Lo Studio Legale De Valeri in collaborazione con EBAFoS l' Ente bilaterale dell'Artigianato per la formazione e la sicurezza e FIRAS - SPP la federazione italiana dei responsabili e degli addetti alla sicurezza servizi di prevenzione e protezione, ha organizzato un workshop formativo sui grandi temi della sicurezza sul lavoro che si terrà a Roma dalle 14.00 all'Hotel Capannelle, via Siderno 37, nel corso di una giornata di studio, con inizio alle ore 9.00 sul tema " Il S.G.S.L. secondo il modello elaborato da Aja Registars. Analisi delle recenti sentenze della Cassazione penale sul tema della responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro."



La partecipazione è gratuita ma occorre registrarsi entro il 26 novembre sul sito www.firas-spp.com/website
Sono previsti 5 crediti formativi per l'aggiornamento dei responsabili della sicurezza RSPP.
Info anche sul sito istituzionale dell'ente bilaterale www.ebafos.com

Il workshop pomeridiano avrà inizio con l'intervento del segretario generale di FIRAS-SPP Vivietta Bellagamba e del presidente nazionale di EBAFoS Anthony Vitali cui seguiranno gli interventi dei relatori, gli avvocati Luigi De Valeri e Massimiliano Domenico Parla ed il consigliere di Cassazione Dr. Tonino Di Bona.

I temi trattati dai professionisti e dal Dr. Di Bona in riferimento alle recenti decisioni dei giudici di legittimità, riguardano l'appalto e le responsabilità dei soggetti interessati, la responsabilità dell'obbligato alla sicurezza ed il contributo causale del lavoratore negli infortuni, la responsabilità penale dell'imprenditore e del delegato alla sicurezza.


Nel corso della giornata verranno presentate le iniziative in programma per il 2013 per gli associati di FIRAS-SPP e le attività di EBAFoS con particolare riguardo alle certificazioni delle competenze dei professionisti.
I lavori termineranno alle ore 18.00.

I professionisti intervenuti saranno a disposizione per chiarimenti e consulenze sulle problematiche trattate al termine delle relazioni e successivamente ai consueti recapiti dello Studio Legale De Valeri.

Vi aspettiamo numerosi.

venerdì 19 ottobre 2012

INVITO AI LETTORI. Convegno "Lo Spirito Santo" 25 ottobre 2012 Roma, Pontificia Università Gregoriana.

Si svolgerà a Roma giovedì 25 ottobre con inizio alle ore 16.30 il convegno dedicato allo Spirito Santo, "per riaffermare la Sua presenza e la Sua azione nella Chiesa e nel mondo..." in occasione dell'apertura dell'Anno della fede e del 25° anniversario della pubblicazione dell'enciclica Dominum et Vivificantem del Beato Giovanni Paolo II.


Il convegno, di cui pubblico la locandina, è organizzato dall'associazione Rinnovamento nello Spirito Santo, movimento ecclesiale dopo il Concilio ecumenico Vaticano II che celebra quest'anno il 40° anniversario dalla fondazione in Italia, conta migliaia di aderenti, consacrati e laici di ogni ceto ed età e fa parte della grande famiglia internazionale del Rinnovamento Carismatico Cattolico.

L'invito per i lettori del blog è esteso a tutti coloro che operano nell'ambito del sociale, della cultura e della politica, l'evento costituisce un occasione da non perdere per approfondire la conoscenza dello Spirito Santo.
Il convegno si svolgerà presso l'aula magna dell'Università Gregoriana di Roma, piazza della Pilotta 4, nelle vicinanze di Fontana di Trevi.

Interverranno illustri teologi tra cui il card. Vanhoye, Mons. Forte ed il card. Dziwisz, al termine le testimonianze tra cui quella del card. Dias,  l'incontro sarà moderato da Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, l'evento fa parte del progetto di sviluppo della cultura della Pentecoste nel nostro tempo.

La partecipazione è libera e aperta a tutti ma occorre comunicare la presenza alla segreteria del R.n.S. tel. 062310408 o via mail convegnospiritosanto@rns-italia.it.
Informazioni e programma completo sul sito www.rns-italia.it

mercoledì 8 agosto 2012

Danno da vacanza rovinata, consigli per il turista ... stressato. Richiesta di risarcimento danni entro 10 giorni dal rientro.


Nonostante l'attuale notoria fase di crisi a Roma si registra la consueta invasione di turisti from all the world.
A dire di Federalberghi si sta verificando un calo di oltre il 30% delle prenotazioni rispetto allo scorso anno ma restano ancora molti coloro che anche per una sola settimana decidono di andare in vacanza dopo un anno di lavoro e si affidano agli operatori del settore turistico.
Come cautelarsi per scongiurare la possibilità di incappare in una vacanza poco rilassante per colpa del tour operator, dell'albergatore o del vettore al quale ci siamo rivolti con fiducia attirati da cataloghi o da siti web che promettono veri e propri paradisi in terra ?


I casi più ricorrenti sono lo smarrimento dei bagagli, la mancanza del servizio acquistato con il pacchetto turistico, la stanza che non ha il bagno personale, la mancanza di pulizia, l'eccessiva distanza dal mare, la spiaggia dorata ed il mare cristallino del catalogo che sul posto si rivelano solo un sogno, il viaggio aereo o via mare iniziato e terminato con grave ritardo, ecc.

Cerco di riassumere alcune principali cautele preventive quando si prenota un viaggio organizzato presso una agenzia di viaggi o come spesso accade sul web :

- l'agenzia viaggi e il tour operator devono essere abilitati alla vendita dei pacchetti turistici, presso le Regioni esistono gli uffici licenze dove verificare la regolarità di questi soggetti anche ai fini della loro solvibilità successiva qualora debbano rispondere di eventuali inadempimenti;
- il contratto di acquisto che si è sottoscritto va letto con attenzione perchè deve fare riferimento con precisione alla destinazione e ai servizi che si sono acquistati sul catalogo e il venditore ne deve consegnare copia con la sua sottoscrizione;
-  se viene proposta e si sottoscrive una polizza di assicurazione per tutelarsi da mancate partenze o altre vicissitudini verificare l'esistenza di eventuali franchigie per le spese rimborsabili;
- se si decide di andare all'estero l'agente o il tour operator dovranno informarvi sulla necessità di ottenere i documenti di espatrio, il visto ed eventuali vaccinazioni richieste per l'ingresso nello Stato prescelto ma certamente non potranno essere ritenuti responsabili qualora non riusciate in tempo utile per la partenza ad ottenerli oppure non vogliate sottoporvi alle vaccinazioni prescritte.

Va ricordato che, se il contratto lo prevede, in alcuni specifici casi indicati dall'art. 90 del Codice del consumo, tra cui l'aumento del prezzo del carburante, fino a venti giorni prima della partenza potranno essere richiesti aumenti del prezzo iniziale, qualora però l'aumento superi il 10% del costo complessivo del pacchetto è possibile recedere dal contratto senza penalità e le somme in acconto dovranno essere restituite entro 48 ore.

Quando si è arrivati sul posto e cominciano le disavventure per cui ciò che è stato scelto e prenotato si rivela nei fatti inesistente o di qualità inferiore a quanto esposto sul catalogo o sul web  o se si verificano modifiche sul programma o della sistemazione alberghiera è necessario contestarle in forma scritta al rappresentante del tour operator o dell'agenzia o all'albergatore chiedendone ricevuta su copia predisposta, poi scattare fotografie con data che rappresentino le contestazioni  e raccogliere le dichiarazioni sottoscritte da altri turisti, conservare le ricevute di spese sostenute inerenti i disagi sopportati, ad esempio l'aver dovuto noleggiare un pulmino per andare al mare che doveva essere vicino alla struttura alberghiera.

Dal 21 giugno 2011 è in vigore il decreto legislativo 79/2011, il Codice del turismo che nel prevedere il "danno da vacanza rovinata" all'art. 47 dispone "nel caso in cui l'inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico non sia di scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 del codice civile, il turista può chiedere, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta."

In sintesi ma solo per semplificare viste le miriadi di situazioni che possono configurarsi e che vanno valutate con attenzione, ricordando l'elaborazione ultradecennale della nostra giurisprudenza, il malcapitato turista che avrà patito un pregiudizio morale, il cosiddetto emotional distress, potrà richiedere il danno derivante dallo stress causato dal non aver goduto interamente del relax tipico della vacanza ma anzi averne sopportato il disagio e, a seconda dei casi, il rimborso integrale o parziale del prezzo pagato all'agenzia o al tour operator con il quale è stato concluso il contratto di acquisto del pacchetto turistico che può comprendere anche il viaggio, fonte anch'esso di potenziali contrattempi.
Il tour operator e l'agenzia risponderanno anche dell'operato dei loro eventuali delegati a fornire il servizio.
I giudici italiani hanno qualificato il danno da vacanza rovinata come danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale ed il risarcimento del danno morale è stato accordato in riferimento all'art. 2059 del codice civile unitamente all'art. 92 comma 2 del Codice del consumo che riconosce al consumatore il diritto ad essere risarcito di "ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto."

E' necessario ricordare che entro dieci giorni dal rientro il turista che ha sottoscritto il contratto potrà chiedere il risarcimento dei danni inviando una raccomandata A.R. con cui deve contestare i fatti e le inadempienze riscontrate al tour operator, al venditore - agenzia di viaggi, all'albergatore, al vettore aereo o navale, allegando in copia la documentazione probatoria tra cui il contratto, le foto, ricevute pagamento e quant'altro opportuno riservandosi anche di chiamare in giudizio se necessario i testimoni a conferma delle contestazioni.

Attenzione: per la spedizione vale la data del timbro postale quindi la richiesta può essere inviata anche il decimo e ultimo giorno utile.
Quindi se si sono verificati inadempimenti rispetto a quanto acquistato o promesso sul web è bene scrivere entro questo termine riservandosi poi di integrare la richiesta raccogliendo la documentazione che potrà essere spedita anche successivamente qualora occorra tempo per reperirla.

Lo Studio Legale De Valeri è a disposizione per una tempestiva consulenza al ritorno dalle vacanze per verificare se, in base alla normativa e alla casistica elaborata dai giudici, i disservizi lamentati possono sfociare in una richiesta di risarcimento dei danni ed intervenire con una diffida ben congegnata a coloro che sono tenuti al risarcimento in quanto responsabili diretti o hanno venduto il pacchetto turistico, ricordando che sono solidalmente responsabili l'agenzia di viaggio che vi ha venduto il pacchetto turistico, il vettore con cui avete viaggiato e il tour operator, il villaggio, l'albergo o altra struttura, ad es. un bed and breakfast o un residence.
Qualora non si arrivi ad un accordo bonario per il risarcimento il turista danneggiato con il patrocinio dello Studio potrà citare in giudizio dinanzi il Giudice di Pace o il Tribunale competente i responsabili, chiedendo la loro condanna al risarcimento dei danni maggiorati delle spese legali.

Detto che la maggior parte delle agenzie di viaggio e dei tour operator svolgono la loro attività con professionalità e precisione assicurando ai clienti il godimento delle vacanze prenotate, concludo il mio post augurando a tutti i lettori tranquille e serene vacanze al mare o in montagna all'insegna del massimo relax.

In alto a destra con l'utilità TRANSLATE è possibile leggere l'articolo tradotto in varie lingue.

Avv. Luigi De Valeri
studiolegaledevaleri@gmail.com


mercoledì 20 giugno 2012

Salute e Sicurezza sul lavoro. Alcuni casi dalla recente giurisprudenza di Cassazione. Spazi confinati e documento valutazione dei rischi.


“Salute e sicurezza sul lavoro: case histories dalla recente giurisprudenza”.

Abstract della relazione dell’Avv. Luigi De Valeri tenuta a Roma il 18 giugno 2012 nel corso della I° Convention di Federcongressi & Eventi, delegazione Abruzzo & Lazio.


 E’ opportuno inizialmente fare riferimento alla norma di chiusura del sistema approntato dal legislatore a tutela del lavoratore applicabile a tutti i rapporti di lavoro subordinato che impone precisi obblighi al datore di lavoro.

L’art. 2087 del codice civile stabilisce che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.”
Questa norma, integrata dalle disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro previste da leggi speciali, impone all’imprenditore l’adozione di misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori, si applica anche al committente tenuto a provvedere alle misure di sicurezza dei lavoratori anche non dipendenti, ove si riservi i poteri tecnico-organizzativi dell’opera da eseguire (Cassazione n.4129/2002).

Il datore di lavoro, la cui responsabilità derivante dall’obbligo di sicurezza ex art. 2087 codice civile è di natura contrattuale, in tal modo viene costituito garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei lavoratori con la conseguenza che ove non ottemperi agli obblighi di tutela l’evento lesivo gli viene imputato ex art. 40, 2°comma codice penale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.”
Egli ha il dovere di accertarsi che l’ambiente di lavoro abbia i requisiti di legalità quanto ai presidi antinfortunistici e a vigilare costantemente che le condizioni  siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l’opera (Cass. Sezioni unite 5/1998).

Passiamo ora alle principali leggi speciali in materia di salute e sicurezza sul lavoro: il D. Lgs. 626/1994, modificato dal D.Lgs. 242/1996 è stato integralmente trasfuso nel D. Lgs. 81/2008 il Testo Unico, integrato poi dal D. Lgs. 106/2009.
L’art. 2 del Testo Unico prevede le definizioni dei vari soggetti interessati dalla normativa antinfortunistica e tra questi mi soffermerò brevemente sulle peculiarità del datore di lavoro, del dirigente e del preposto.

Il datore di lavoro è il soggetto titolare del rapporto di lavoro o quel soggetto che ha la responsabilità dell’organizzazione aziendale che dirige o dell’unità produttiva su cui esercita i poteri decisionali e di spesa per cui ha l’effettivo potere di incidere sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.
Gli obblighi di competenza del datore di lavoro, previsti dagli artt. 17 e 18, sono svariati e, tra gli altri, l’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione, la redazione del documento di valutazione dei rischi presenti negli ambienti lavorativi, la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (R.S.P.P.).

Il dirigente è quella persona che in ragione delle comprovate competenze professionali e dei poteri gerarchici adeguati all’incarico conferitogli rende operative le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa ed effettuando i relativi controlli.
Il dirigente, in sostituzione del datore di lavoro, può designare il medico competente, provvede all’individuazione dei lavoratori addetti all’esecuzione delle misure antincendio, di primo soccorso e di salvataggio in generale, la dotazione al personale dei dispositivi di sicurezza individuale (D.P.I), cura l’obbligo di mettere i lavoratori in condizioni di ricevere informazione, formazione e addestramento, il monitoraggio degli eventuali cambiamenti che riguardano le unità produttive e l’adeguamento delle misure preventive a tutela dei lavoratori.
Il preposto alla sicurezza è definito dall’art. 2 del Testo Unico come colui che sulla base delle competenze professionale acquisite, coordina e controlla il regolare svolgimento delle attività lavorative assicurando la realizzazione delle direttive ricevute grazie al potere funzionale di cui è dotato.
Quando il datore di lavoro decide di organizzare la sua attività prevedendo alcune funzioni aziendali sovra ordinate ad altre genera automaticamente la figura del preposto o del dirigente ovvero colui che nell’attività lavorativa esercita una supremazia su altri a lui sottoposti, su questa figura il legislatore fa ricadere la qualifica di preposto ai sensi dell’art. 299 del Testo Unico.
Come risaputo in azienda non si usa il termine “preposto” ma nell’organizzazione produttiva si parla di: caporeparto, caposquadra, capocantiere, capoturno, coordinatore, supervisor o team leader.

Tutte queste figure sono da considerarsi preposti, costoro sono dipendenti presenti in ogni settore lavorativo con mansioni di preminenza su altri lavoratori e ne determinano le modalità operative, sono i più vicini ai lavoratori e ne conoscono tutte le attività e i rischi ad esse collegate.
I giudici hanno attribuito la funzione di preposto in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro facendo riferimento alle mansioni effettivamente svolte in azienda al di là di una qualificazione giuridica.

La Cassazione penale con la sentenza n. 1502/2010 ha precisato che il preposto, come il datore di lavoro e il dirigente, è un soggetto cui competono poteri originari e specifici, differenziati tra loro e collegati alle funzioni ad essi demandate, la cui inosservanza comporta la diretta responsabilità del soggetto iure proprio, per cui il preposto è chiamato a rispondere a titolo diretto e personale per l’inosservanza di obblighi che allo stesso fanno capo.
I preposti, i cui obblighi sono indicati nell’art. 19 del Testo Unico, sono i soggetti che sovrintendono all’espletamento delle attività soggette alla normativa di prevenzione degli infortuni tuttavia va precisato che non spetta al preposto adottare misure di prevenzione ma far applicare quella predisposte da altri intervenendo con le proprie direttive.

Il sovrintendere richiede un requisito preliminare ovvero il possesso di una supremazia riconosciuta sugli altri lavoratori, infatti il preposto è stato definito da Cassazione n. 760/91 come chiunque si trovi in posizione tale da dover dirigere e sorvegliare l’attività lavorativa di altri operai ai suoi ordini.
Anche prescindendo da una investitura formale da parte del datore di lavoro nella posizione di preposto con attribuzione dei compiti e delle responsabilità il preposto anche di fatto sarà comunque obbligato a rispettare e a far rispettare ai lavoratori la normativa antinfortunistica (art. 299 del Testo Unico “esercizio di fatto di poteri direttivi”).
Quindi in caso di mancata osservanza delle misure di sicurezza da parte di uno o più lavoratori il caporeparto non può limitarsi a rivolgere benevoli richiami ma deve informare il datore di lavoro o il dirigente legittimato a infliggere richiami formali e sanzioni a carico dei dipendenti riottoso (Cassazione penale n. 10272/90).

Il preposto deve effettuare il controllo dei lavoratori per verificare il rispetto delle norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro, l’utilizzo corretto dei dispositivi di sicurezza individuali e degli strumenti necessari per svolgere le singole mansioni.
Il preposto deve vigilare sulla presenza di rischi imminenti per i lavoratori, deve dirigere le operazioni di evacuazione in caso di pericolo grave ed immediato e vigilare sulla partecipazione periodica ai corsi di formazione in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
Il preposto in particolare deve, ai sensi dell’art. 19 del Testo Unico, richiamare ogni singolo lavoratore all’osservanza degli obblighi di legge in materia di prevenzione.
Egli dovrà far osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e proprie, ai fini della protezione collettiva e individuale, far utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto nonché i dispositivi di sicurezza, verificare che ogni lavoratore provveda a segnalare immediatamente al datore, al dirigente o al preposto, le deficienze dei mezzi e dei dispositivi e qualsiasi condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (R.L.S.).

Ricordo che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, già presente nel decreto 626/94 ora all’art. 2 del Testo Unico, è una persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, non può essere né il datore di lavoro né il R.S.P.P., deve essere eletto tra i dipendenti a tempo indeterminato, le sue attribuzioni, tra cui in primis la consultazione preventiva in ordine alla valutazione dei rischi in azienda, sono indicate nell’art. 50 del T.U.

Tornando al preposto dovrà anche controllare che ogni lavoratore non proceda a rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza, controllare che ogni lavoratore non compia di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza che possano compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori.
L’art. 56 del Testo Unico stabilisce le sanzioni per il preposto che violi le suddette prescrizioni ovvero l’arresto da uno a tre mesi o l’ammenda che può arrivare fino ad euro 2.000.
Altra figura professionale prevista dall’art. 2 del Testo Unico è il responsabile per la sicurezza e la prevenzione (R.S.P.P.) che, designato dal datore cui risponde, è persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali indicati all’art. 32 e coordina il servizio di prevenzione protezione dai rischi.

Dopo queste note introduttive passiamo ai tre casi tratti dalla giurisprudenza, si riferiscono a procedimenti conclusi nei primi mesi del 2012 dove la Corte di Cassazione, giudice di legittimità, ha applicato le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro come previste nel Testo Unico con ripercussioni sia in sede civile giuslavoristica che in materia di accertamento di responsabilità penali.

1) La clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro se il datore di lavoro non ha effettuato la valutazione dei rischi è nulla ed il rapporto si considera a tempo indeterminato.
Cass. Civile,sez. lavoro, 2 aprile 2012 n. 5241, rif.  normativi D. Lgs. 626/96 art. 4, D. Lgs. 368/2001 art. 1 comma 2 e art. 3 lettera D, art. 1419, 2° comma, codice civile.

Il primo caso riguarda un dipendente delle Poste Italiane che aveva impugnato i contratti a termine stipulati per esigenze sostitutive del personale deducendone l’illegittimità per la genericità della causale sostitutiva, la mancata indicazione del nome dei lavoratori sostituiti e perché stipulati nonostante il divieto di procedere ad assunzioni a termine nelle sedi di lavoro dove non era stata effettuata la valutazione dei rischi.   
Sia il giudice di primo grado che la Corte di Appello di Milano avevano respinto le richieste del lavoratore che pertanto aveva proposto ricorso per Cassazione.

Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato è regolato dal D. Lgs. 368 del 2001, come modificato dalla L. 247/2007 e da ultimo dal D. Legge 112/2008.
E’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo.
L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le suddette ragioni.

L’art. 3 del D.Lgs. 368/2001 ha introdotto una serie di divieti all’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato e in particolare alla lettera D prevede il divieto per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 626/1994 e successive modifiche.
Per il legislatore la valutazione dei rischi da parte del datore è presupposto di legittimità del contratto a termine che, si ricordi, è l’eccezione per il contratto di lavoro subordinato stipulato di regola a tempo indeterminato.

La valutazione del legislatore deriva dalla più intensa protezione del lavoratore nei contratti atipici, flessibili o a termine dove vi è la minore esperienza con l’ambiente di lavoro e gli strumenti di lavoro, nonché una minore professionalità e formazione.
L’obbligo di sicurezza verso i lavoratori con minore esperienza è rafforzato dal disvalore evidenziato dal legislatore verso gli inadempimenti in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro che si concretizza nel divieto di stipulare contratti a termine per il datore che non abbia effettuato la valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori presenti nella propria organizzazione.
Quindi il datore se vorrà evitare la declaratoria di nullità di apposizione del termine per questo specifico inadempimento dovrà dimostrare di aver svolto prima della stipula del contratto una adeguata valutazione dei rischi.
Nel caso esaminato i giudici della Cassazione hanno rinviato la causa ad altro giudice del merito della stessa Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che nel decidere dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “la clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 626/1994 e succ. modificazioni, è nulla per contrarietà a norma imperativa ed il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato.”
Il giudice di merito deve verificare la sussistenza del presupposto indicato dall’art. 3  lettera D del D.Lgs. 368/2001 da cui deriva la legittimità o meno del termine apposto nel contratto di lavoro.

 
2) La responsabilità dei committenti. Reato di omicidio colposo.
Cassazione penale IV, 30 gennaio 2012 n. 3563, rif. normativi art. 589 codice penale, art. 26 T.U. D. Lgs. 81/2008, art. 2222 codice civile.

Con la seconda sentenza passiamo in ambito di diritto penale.
Il caso in questione riguardava un lavoratore precipitato dall’alto di una copertura di un fabbricato adibito a magazzino-garage  nel corso di un contratto di prestazione d’opera.

Il contratto di prestazione d’opera è disciplinato dall’art. 2222 del codice civile e si  configura quando una persona si obbliga a compiere dietro corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
Ai committenti-imputati era stato contestato di aver omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale del lavoratore-prestatore d’opera, di non aver fornito a questi informazioni sui rischi connessi alla precarietà della copertura e non avere predisposto parapetti idonei ad evitare la caduta dall’alto.
I committenti, proprietari del fabbricato dove era accaduto l’incidente mortale, erano stati condannati in primo e secondo grado, in particolare la Corte di Appello di Catania nel rilevare che l’infortunio si era verificato durante l’esecuzione del contratto d’opera aveva evidenziato l’inadempimento agli obblighi di prevenzione in materia di sicurezza sul lavoro che gravavano sugli imputati in quanto committenti escludendo qualunque comportamento abnorme da parte della vittima.

La responsabilità del committente è espressamente prevista dalle norme in materia di sicurezza sul lavoro, l’art. 7 del D. Lgs. 626/94 è stato trasfuso nell’art. 26 del Testo Unico.
Per i lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera il dovere di sicurezza è riferibile non solo al datore di lavoro ovvero l’appaltatore nel primo caso ma anche al committente nel secondo caso.
Va tuttavia sottolineato, come fatto rilevare dai giudici di legittimità, che non può esigersi dal committente un controllo pressante e continuo sull’andamento dei lavori.
E’ necessario l’esame della situazione concreta per accertare l’incidenza della condotta del committente nel verificarsi dell’evento, la specificità dei lavori da eseguire, i criteri della scelta dell’appaltatore o del prestatore, la loro capacità tecnica che deve essere proporzionata al tipo di attività commissionata, l’ingerenza o meno del committente nell’esecuzione dei lavori e la percepibilità agevole di eventuali situazioni di pericolo.
Ai fini dell’eventuale culpa in eligendo a carico del committente rileva da parte di questi l’essersi accertato o meno delle capacità tecniche ed organizzative del prestatore d’opera.
A seguito di ricorso in Cassazione la sentenza è stata annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania.

3) La responsabilità del datore di lavoro ed il comportamento abnorme del lavoratore vittima dell’infortunio mortale.
Cassazione sez. penale, sentenza n. 11112 del 21 marzo 2012.
Rif. normativi: art. 589 codice penale, art.18 Testo Unico.

Il terzo e ultimo caso su cui mi soffermo è relativo ad un incidente occorso ad un operaio il quale si era messo all’interno del perimetro del telaio di un autocarro con il cassone rialzato e, nello smontare il raccordo del tubo idraulico, il cassone era caduto determinandone la morte.
Erano stati imputati del reato di omicidio colposo il datore di lavoro, amministratore di una s.r.l., e un preposto cui veniva addebitato che per negligenza,imprudenza ed imperizia e violazione di specifiche norme di prevenzione infortuni, ovvero mancata informazione formazione del lavoratore sui rischi, omessa previsione del rischio nel documento di valutazione, mancata manutenzione dell’autocarro, assenza di un fermo automatico del cassone avevano causato la morte del dipendente.
Entrambi erano stati assolti in primo e secondo grado e pertanto il difensore delle parti civili era ricorso in Cassazione.
Il lavoratore era stato assunto formalmente come impiegato e non era investito in azienda di specifiche funzioni, svolgendo diversi lavori manuali anche per la sfera privata del datore, praticamente era un “tuttofare”.
La Corte di Appello aveva assolto gli imputati a causa dell’anomalia della condotta della vittima che aveva agito di sua iniziativa al di fuori di ordini e prassi aziendali.

I giudici di Cassazione, viceversa, partendo dalla circostanza che il lavoratore stava svolgendo al momento del fatto mansioni diverse dalla qualifica di assunzione come “operaio tecnico di cantiere”, hanno considerato che qualora vi sia un cambio di mansioni, possibile seppur con limiti per lo ius variandi ex art. 2103 del codice civile, per il rispetto delle esigenze di prevenzione infortuni vi è l’obbligo per il datore di assicurare una adeguata formazione ed informazione al lavoratore sui rischi della diversa attività cui viene addetto (conforme a Cassazione sez. III, n. 4063/2007).
Nel caso in questione era evidente la violazione di queste regole di prevenzione perché il lavoratore assunto con una qualifica di impiegato tecnico di cantiere in realtà era adibito alle più svariate mansioni non solo in azienda ma anche per le esigenze personali del datore di lavoro.
Secondo i giudici l’operaio svolgeva mansioni indefinite con mancanza di formazione e informazione sui rischi.
L’esclusione di responsabilità del datore da parte dei giudici di merito sulla base della negligenza della vittima, che con il suo comportamento avrebbe posto in essere una condotta da sola sufficiente a determinare l’evento, va riconsiderata poiché il datore aveva tollerato che la vittima non avesse specifiche mansioni, non aveva fornito formazione ed informazione e consentito che costui si cimentasse nelle più svariate attività di lavoro, da ciò si evidenziava una condotta omissiva colposa a suo carico.
I giudici di Cassazione quindi hanno annullato la sentenza agli effetti civili limitatamente alla posizione del datore di lavoro con rinvio al grado di appello, il preposto è stato assolto in quanto non era stata provata la sua qualifica ovvero la sovra ordinazione gerarchica rispetto al lavoratore deceduto.

Al termine di questa relazione ho l’obbligo di ricordare che dal 23 novembre 2011 è in vigore il D.P.R. n.177 del 14.9.2011 recante il regolamento relativo alle norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

Cosa si intende per “spazio confinato” ?
Nel Testo Unico, allegato IV punto 3, è definito come un luogo/ambiente circoscritto, totalmente o parzialmente chiuso che non è stato progettato o costruito per essere occupato da persone né destinato normalmente ad esserlo ma che all’occasione può essere impegnato per l’esecuzione di interventi come l’ispezione, la manutenzione o la riparazione, la pulizia, ecc., gli spazi confinati sono ambienti dove gli scambi naturali dell’atmosfera interna con l’aria esterna risultano particolarmente ridotti.
Gli spazi confinati possono configurarsi in tutti i luoghi di lavoro sotto o sopra il suolo e per essere chiari vi rientrano le cisterne interrate,le fognature o condotte sotterranee, serbatoi, pozzi di ascensori, montacarichi, celle di refrigerazione, piccoli locali accessori, ecc.
I datori di lavoro sono chiamati ad aggiornare il documento di valutazione dei rischi previsto dagli artt. 17 e 28 del Testo Unico, verificando se nella propria azienda esistono rischi derivanti dall’accesso in ambienti confinati, il datore dovrà conservare nel D.V.R. la dettagliata registrazione dei rilievi e delle verifiche eseguite con le relative conclusioni per tali rischi.


Lo Studio Legale De Valeri è a disposizione per ogni chiarimento sui temi trattati e per un check-up in materia di salute e sicurezza sul lavoro.